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Pagina 1 - I bravi ragazzi arrivano sempre ultimi. Il cinema americano dalle origini ad oggi è pieno di storie di bravi e generosi puri di cuore cui capitano traversie di ogni sorta per la propria comunità e per la patria. Il giovane e convincente protagonista di Captain America rinverdisce questa tradizione di eroi del cinema americano d’antan, quello dei Gary Cooper per capirci, e non possiamo non ricordare quel Sergent York, caposaldo del cinema americano di propaganda a cui tutto l’inizio del film fa esplicitamente riferimento. E la prima parte del film diretto da Joe Johnston è proprio l’efficace ricostruzione di un clima che spinse tanti giovani americani negli anni ’40 ad arruolarsi per difendere l’America e la civiltà dal pericolo nazista: le parate, gli spettacoli per la sottoscrizione dei fondi, le “News on the march” (ovvero le di notizie che precedevano i film nelle sale), i comizi. Il mingherlino e futuro muscolato Captain America è vittima due volte di questo clima, prima come spettatore preso nel circo della propaganda bellica e poi come supereroe, frutto di esperimenti che lo trasformano in un supereroe ma che nessuno sa come utilizzare se non come carne da spettacolo, procacciatore di fondi e protagonista di ridicole parate per alimentare il consenso alla guerra e al sacrificio. In questa parte il film dà forse il meglio, in quanto vi si intrecciano richiami al cinema americano del passato, e non solo quello coevo del film ma anche a quello più recente come I predatori dell’arca perduta, come nella sequenza introduttiva in cui facciamo conoscenza di Teschio rosso. Insomma siamo di fronte ad una vera e propria operazione vintage, una categoria estetica molto in voga nella quale il regista sguazza come un pesce nel suo acquario preferito: Johnston si è guadagnato un Oscar per gli effetti speciali proprio del primo Indiana Jones e ha girato nel 1991 The Rocketeer , ambientato proprio negli stessi anni ’40, quando un giovane con un razzo superveloce sulle spalle vola in difesa della patria minacciata dai nazisti. Insomma l’ennesimo prodotto della Marvel questa volta convince soprattutto nella prima parte, sostenuto dalle interpretazioni di Chris Evans, Hugo Weaving e da comprimari di super lusso come Stanley Tucci. Nella seconda parte il film si getta nell’azione ma anche qui utilizza un misto di antico e moderno, un ibrido di macchine ed oggetti che oscillano tra l’ultratecnologico e il vecchio armamentario bellico in una fusione ben riuscita, e su tutto convince il fascino del supereroe che non vola, può essere ferito e procede a colpi di calci e pugni tanto da suscitare quasi tenerezza. Anche in questi passaggi il film accende rimandi e riferimenti al Tarantino di Bastardi senza gloria, ma ovviamente senza la sua spregiudicatezza e senza la provocazione storica. Se Teschio rosso rimanda ovviamente al delirio del Fuher, i suoi legionari rimandano ancor più chiaramente alla prima trilogia di Guerre Stellari così come certi inseguimenti nel bosco. Insomma Captain America trasuda una nostalgia per l’action movie americano di 30 anni fa da far impallidire le saghe fracassone, ultrapompate e tridimensionali nostre contemporanee. Proprio per questo non ci aspettiamo nulla di buono vedendo alla fine dei titoli di coda l’anticipazione di The Avengers in cui tutti gli eroi del pantheon Marvel torneranno a riunirsi intorno, si spera, ad una buona storia e a personaggi credibili come in questo Captain America.
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