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Pagina 1 - Partiamo da qui. Chi è Paul Haggins? Canadese, classe 1953, è lo sceneggiatore di alcuni grandi film di Clint Eastwood come Million dollar baby, per il quale ottiene la candidatura all’Oscar, e di Flags of our Fathers. Ma è anche regista, oltre che autore della sceneggiatura, di Crash – Contatto fisico, che porta a casa ben tre statuette tra cui quelle come miglior film e miglior sceneggiatura originale, e di Nella valle di Elah, dolente incursione nei meandri della coscienza bellica americana. Per la sua ultima prova Haggins, oltre che a scrivere la sceneggiatura, decide anche di dedicarsi alla regia e sforna con The next three days un film caratterizzato, come Nella valle di Elah, da un protagonista dolente e volitivo incarnato da Russell Crowe, timido professore di letteratura e allo stesso tempo marito fedele e deciso a salvare la moglie da un’ingiusta accusa di omicidio. Dopo anni di sentenze però arriva la condanna definitiva e la moglie tenta il suicidio in carcere: a questo punto Crowe, rimasto solo con il pargolo, decide follemente di organizzare la fuga dal carcere. Remake di un film francese, Pour Elle, il film segue uno schema piuttosto abusato: un uomo qualunque si trova improvvisamente catapultato in circostanze particolari e decide di reagire dando prova di determinazione e capacità straordinarie, un mix tra l’Harrison Ford di Frantic e alcuni personaggi di un film di Hitchcock. Da uno scrittore del calibro di Haggins era lecito aspettarsi qualcosa di più. Ma in fondo si tratta di una riscrittura del precedente francese, diranno i difensori del film. Ma va anche peggio se consideriamo alcuni passaggi della storia e più in generale pesiamo la sua credibilità complessiva. Il racconto procede serrato e coinvolgente, una qualità indubbia del film, ma le azioni del protagonista e dei suoi oppositori si fanno via via sempre più incredibili e assurde; insomma la verosimiglianza è decisamente alle corde fino a crollare definitivamente nella seconda parte del film di fronte all’irruzione del protagonista nella casa di un narcotrafficante o all’emergere improvviso di un agente di colore, stile Al Pacino in Heat, che tenta in ogni modo di bloccare la fuga della famigliola arrivando anche ad inseguire a piedi un treno della metropolitana. L’amore prepotente del marito nei confronti della moglie non basta a giustificare e soprattutto a rendere credibile la sua sicurezza operativa e le virtù di osservazione dell’uomo non bastano a pianificare la fuga con tanta precisione. Alla fine tutto risuona falso e un po’ meccanico, compreso il cameo di Liam Neeson, sbucato improvvisamente dal nulla come esperto di fughe da prigioni impossibili.
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