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Pagina 1 - Chiariamo subito una, anzi due, cose. La prima: i fan dei fratelli Coen andranno forse delusi, questo è in assoluto il film meno coeniano della loro carriera. La seconda: scordatevi John Wayne nei panni del film Il Grinta di Henry Hathaway del 1969. Il film dei Coen non è sicuramente un remake di questo film e Bridges nei panni dello sceriffo non ricorda minimamente il mood del grande mito del cinema americano. I Coen, che hanno dichiarato di non aver neanche rivisto il vecchio film (vedi l’intervista all’Unità del 25/12/2010), sono andati alle fonti, ovvero al romanzo di Charles Portis uscito a puntate sul Saturday Evening Post nel 1968 e che raccontava la storia di una ragazzina, Mattie Ross – interpretata da Hailee Steinfeld - decisa a vendicare a tutti i costi l’omicidio del padre. Si reca allora in una cittadina di frontiera, il classico avamposto prima del nulla dei territori non ancora civilizzati, e qui assolda uno scalcinato tutore della legge, Rooster Cogburn (Bridges), che malvolentieri si mette sulle tracce dell’assassino del padre, Tom Chaney - Josh Brolin di nero vestito. Nel frattempo anche il giovane Texas Ranger - interpretato da Matt Damon – è sulle sue tracce ed inevitabilmente il duo composto dalla ragazzina e dal vecchio poliziotto diventa un trio che dovrà affrontare violenze e brutalità assortite. Al di là dei dialoghi, in cui più chiara risuona la mano dei due fratelli, il film sembra un rifacimento quasi analitico di un western targato anni 60-70. Manca la follia coeniana di personaggi presi in situazioni grottesche e deliranti, la surrealtà, i vuoti e le stramberie che hanno attraversato i loro film migliori. Eppure il fascino di questo film sta proprio in una classica perfezione di fronte alla quale si rimane immancabilmente presi. Il nitore della fotografia (Roger Deakins), lo stupore del paesaggio, che a volte spiazza nella sua crudezza quasi metafisica, come nel bosco in cui i due trovano l’impiccato, un vero e proprio “memento mori”. E dentro questo scenario ci sono dei personaggi perfettamente disegnati ed incisi, partendo dall’immenso Bridges, che non rivaleggia con Wayne dicevamo, ma trova un timbro scalcinato e appesantito da vecchio pistolero, con una voce rasposa indimenticabile; a lui fa da contraltare un Damon perfettamente verboso e un po’ tronfio ed infine, su tutti, una ragazzina dallo sguardo freddo e impassibile. È lei il motore del racconto, è la sua voce fuori campo, da zitella ormai matura, ad avviare la storia e a chiuderla nel finale. Se il west non è un paese per ragazzine, lei invece cerca di imporsi con la sua determinazione e la sua acutezza verbale, ma il suo viaggio sarà costellato di continui richiami alla morte, dalle bare iniziali fino allo scheletro finale. Un racconto di formazione quindi scandito dalla presenza della fine incombente e brutale, un apprendistato senza sconti che alla fine lascia il segno.
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