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Pagina 1 - Introduzione
Serata evento, offerta gratuitamente dalla Warner Bros, lo scorso 25 Febbraio al Movieplex, piccolo complesso di 6 sale cinematografiche nella città di L’Aquila, che in questi giorni, con varie iniziative socio-culturali , si sta rivelando un sempre più apprezzato polo di aggregazione per quelle persone che trovano ormai nel capoluogo abruzzese pochi spazi di incontro e condivisione, garantiti da quelle pochissime strutture che hanno superato quasi indenni il disastroso shock sismico del 6 aprile 2009. La proiezione del film in anteprima nazionale, si è rivelato un nuovo colpo messo a segno da Clint Eastwood: Invictus, l’invincibile. “Rendo grazie a qualunque Dio ci sia, per la mia anima invincibile. Sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima”. 11 Febbraio 1990,ore 15. Il “terrorista”, per il popolo bianco, “Madiba”, per il popolo nero; il leader della resistenza anti -apartheid, non di rado sabotatrice e guerrigliera, viene liberato da una prigionia politica durata quasi 30 anni. Il chiacchiericcio da bar nelle retrofile in sala, cede ben presto il posto ad un religioso silenzio, interrotto soltanto da qualche “veristica” godereccia risata di astanti allenatori e praticanti di rugby, lo sport che come testimoniato nel film rivestì per Mandela un ruolo di forte collante sociale e che per questa città ha rappresentato sovente forte motivo di orgoglio. “Un gioco per selvaggi, giocato da gentiluomini”. Tra gli spettatori più attenti ed entusiasti i bambini, che non di rado cedono a timidi applausi, coinvolti dal colorato e folcloristico tifo da stadio a cui molte sequenze della pellicola sono dedicate. Sala gremita, oltre la capienza consentita; impossibile camminare sulle gradinate laterali. La platea si infervora in un continuum con le immagini passate sullo schermo. Lo stadio è qui. Un illuminante Morgan Freeman (nomination all’Oscar come migliore attore protagonista), un ispirato Matt Damon (nomination all’Oscar come migliore attore non protagonista): all’evoluzione del rapporto tra il Presidente della Repubblica del Sud Africa e Francois Pienaar, capitano degli Springboks - nazionale di rugby sudafricana ribattezzata dai tifosi Bokke, percepita inizialmente come trait d’union col movimento politico razziale - fanno da corollario il placarsi di emblematiche tensioni all’interno della stessa scorta presidenziale mista tra componenti bianchi e neri, la riabilitazione umana della governante nera all’interno della famiglia Pineaar, e l’accettazione progressiva, da parte dei membri del Consiglio Nazionale dello Sport e della società tutta, delle divise sportive di color giallo-oro e dello stemma della squadra nazionale, inizialmente invisi alla popolazione nera. Pagina 2 - Il film
“Il giorno che avrò paura di rischiare,non sarò più adatto a fare il leader”. La rischiosa missione di Mandela: riabilitare gli Springboks e servirsi del rugby come strumento politico per costruire un forte spirito di identità nazionale. “Una squadra, una nazione”. Le sequenze dedicate al rugby giocato, soprattutto nella prima parte, non sono numerose. Quel che accade in campo viene per lo più lasciato intendere attraverso le espressioni di gioia, delusione, esaltazione sui volti di un popolo attivamente partecipe a quel che si configura pian piano come miracolo sudafricano. Scopo primario è far emergere una vera e propria filosofia delle leadership, sotto entrambi i profili, politico e sportivo. L’aver puntato sul rugby trascende ben presto la valenza iniziale di calcolo politico, approdando a significato di “calcolo umano”. “Come fare a rendere migliore la propria squadra, come si fa ad ispirare quelli che ci circondano? La risposta è nel lavoro degli altri”. Anche la musica e la poesia possono rappresentare un forte incitamento a restare in piedi, quando invece si avrebbe la voglia di lasciarsi andare. Soltanto nella seconda parte del film si acquista la consapevolezza che in realtà il pubblico stesso, di pari passo con la squadra sudafricana, è stato magistralmente sottoposto ad una fase di “allenamento-riscaldamento” in vista della partita conclusiva più importante, quella contro gli All Black (temibile nazionale neozelandese) e la loro Haka (danza Maori). La finale della coppa del mondo, per la terza volta nella storia, arriva ai tempi supplementari: 60.000 presenze nello stadio, milioni di persone sintonizzate davanti la TV. Coinvolgenti gli ultimi 7 minuti di gioco, lasciati vivere al rallenty, tra tensione muscolare e respiri affannosi. Quasi bestiali. Fedele a quanto accaduto realmente, riproposto l’episodio di un jet che sorvola rasente la struttura dello stadio, suscitando apprensione nella scorta presidenziale per un paventato attentato, che invece si risolve in un incitamento alla nazionale sudafricana con una scritta beneaugurante sul portellone alla base dell’aereo: “GOOD LUCK BOKKE” (buona fortuna Bokke). Pagina 3 - Qualità audio e video
Dal punto di vista tecnico la pellicola in formato cinemascope è stata proiettata su schermo panoramico 1,85:1 con conseguenti bande nere sui bordi superiore ed inferiore; la stampa della Technicolor esalta una evidente dominante verde di fatto non casuale, in quanto presente lievemente anche nella soluzione digitale, come si evince dal trailer disponibile anche online sul sito della Apple. Il gamma è piuttosto alto, con significativa perdita di dettaglio alle basse luci e bianchi a volte fastidiosamente sovraesposti, anche questa una scelta di regia in quanto presente anche nel trailer digitale. I colori naturali, piacevolmente non troppo saturi, Buona distinzione dei piani focali, nonostante il gioco di regia sia sfruttato con passaggi molto semplici; visibilmente sdoppiati i bordi nelle immagini fuori fuoco , probabilmente a causa della ripresa sorgente in anamorfico . Noti i sempre più evidenti limiti della pellicola, resta il rammarico che un film così significativo ed infervorante non sia stato supportato dalla proposta in modalità digitale 2K. Le sonorità africane sono molto gradevoli ma il mix multicanale non è pienamente apprezzabile, soprattutto sul fronte anteriore, probabilmente a causa della posizione della sottoscritta collocata in ultima fila. Prendendo a prestito le parole del capitano Pienaar rivolte alla sua squadra: “I tempi cambiano... E dobbiamo cambiare anche noi”. GOOD LUCK L’AQUILA. |
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