![]() |
|||||||||
Stampa | |||||||||
|
|||||||||
Pagina 1 -
Dopo l’omicidio di Howard, Lalo costruisce la vendetta verso Gus usando Jimmy e Kim, mentre Mike fa sempre più fatica a proteggere il titolare di Los Pollos Hermanos. La morte dell’avvocato viene fatta passare per suicidio, nonostante le proteste della moglie Cheryl che non può accettare il pensiero che Howard si sia tolto la vita e che abusasse di sostanze stupefacenti. Nel futuro troviamo Jimmy su due piani temporali. Quello in cui si ritrova immischiato negli affari di Walter e Jesse e quello successivo in cui lavora per il ristorante Cinnabon continuando ad architettare truffe di vario genere. Quello che non si sa ancora è che fine abbia fatto il suo rapporto con Kim e soprattutto perché. La seconda parte dell’ultimo capitolo dello spin-off di Breakin Bad (qui la recensione della stagione 6 parte 1) parte in maniera agghiacciante ma sempre con un tono leggero di contrasto. La quasi pittoresca e poetica messa in scena del suicidio di Howard Hamlin che avevamo lasciato privo di vita alla fine dei primi sette episodi. Da questo punto drammatico e cruciale si sviluppano gli eventi che porteranno a conclusione Better call Saul. Ciò che impressiona è che il finale di serie è talmente articolato e denso da rischiare in diversi momenti di non trovare un raccordo degnamente esaustivo. Ma così non è. I piani temporali sono tre: la linea principale che prosegue il racconto degli episodi precedenti, gli incroci significativi con la serie madre e i suoi due personaggi emblematici, e ciò che avviene dopo la fine di Breaking Bad narrato in un delizioso bianco e nero di cui avevamo avuto più di un assaggio lungo le stagioni precedenti. Il montaggio muove i numerosi fili in maniera apparentemente disordinata, gettando qua e là i semi di qualcosa che diverrà molto vasto e deflagrante quasi senza che ci se ne accorga. Questa iniziale lentezza spiazza lo spettatore ma contemporaneamente lo lascia avvinto tra le affascinanti spire affabulatorie di Jimmy che in ognuna delle linee temporali riesce a catturare tutti i sensi in un avvicendarsi di colpi di scena sempre più al rialzo. E più si va avanti nella visione, più si fa fatica a interromperla, perché già dalle miniature di Netflix si evince che qualcosa di ancor più potente sta per arrivare. Tu non riesci a comprendere. È davvero un ottimo gelato. Come in un buon libro, in Better call Saul all’importanza per i dialoghi viene anteposta quella per gli spazi in cui avvengono i fatti. Descritti in maniera essenziale ma minuziosa, in questo capitolo esercitano ancora una volta un fascino che fa scorrere più velocemente ogni episodio con la gradevolezza di un tempo passato a compiere la più dilettevole delle attività. Una scelta che piuttosto che svilire le battute dei personaggi le eleva, asciugandole da passaggi banali che si possono invece cogliere anche solo nelle espressioni invece che tramite la voce. Una delle più importanti magie, è il caso di dirlo, sta proprio nel fatto di limitare gli scambi verbali regalando loro non una diminuzione ma un privilegio. Via via che ci si avvicina al finale, gli episodi diventano sempre più densi. Il montaggio procede per piccoli passi, pesantissimi, portando lo spettatore sulle montagne russe ma al rallentatore, su cui in alcuni momenti pare di perdersi a causa di frammenti esposti senza che se ne veda la fine, al punto di arrivare a pensare che gli autori abbiano smarrito la strada, dimostrandosi pretenziosi e artificiosi. Salvo poi trovare le chiusure più avanti con uno stile clamorosamente magnifico. Una scena dell’ultimo (munifico) episodio rimanda al primo di Breaking Bad. Ma non temporalmente, nel senso che non vediamo il professore alle prese con la sua vita mediocre e disperata. Le motivazioni che hanno condotto Walt a diventare Heisenberg sono sepolte nelle sue parole scambiate con Jimmy, il che crea immediatamente un’insana voglia di ricominciare a guardare da capo la serie con Bryan Cranston e Aaron Paul. Uno scambio che rappresenta il perfetto incastro di uno degli ultimi pezzi di un puzzle multiforme e dalla difficile soluzione. Nonostante qualche sbavatura evitabile (come la camera di sorveglianza bypassata da Lalo per una svista), la potenza narrativa di questa serie esplode letteralmente negli ultimi sei episodi con un finale da applausi per giustezza, coerenza, sofferenza, espiazione e conclamato amore, quest’ultimo sia tra i personaggi che da parte di tutta la troupe nella incredibile capacità di racconto. Dover dire addio a Better call Saul è se possibile ancora più difficile rispetto al 2013 quando si chiuse Breaking Bad. Perché stavolta per tornare in questo universo ci vorranno diversi anni a detta dei suoi creatori. Non possiamo che augurarci che arrivino nuovi progetti firmati Gilligan e Gould che hanno già dichiarato che per pensare a qualcos’altro che graviti attorno all’universo di Breaking Bad dovrà passare del tempo in cui si dedicheranno a progetti diversi da questo. Che resterà nella memoria collettiva come l’evoluzione di una delle serie più imponenti della serialità televisiva, una crescita che sette anni fa nessuno poteva ritenere possibile. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione Better call Saul | stagione 6 parte 2 ideatori Vince Gilligan, Peter Gould personaggi interpreti |
|||||||||
Pagina stampata da AV Magazine: https://www.avmagazine.it Vietata la copia e la distribuzione (anche parziale) senza la previa autorizzazione di AV Raw s.n.c. Per maggiori informazioni : https://www.avmagazine.it/sito/legale/ Copyright 2005 - 2025 AV Magazine AV Magazine - registrazione Tribunale di Teramo n. 527 del 22.12.2004 Direttore Responsabile: Emidio Frattaroli |