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Nel tentativo di mondare i suoi peccati e soprattutto di dar pace alla propria coscienza, Villanelle va a vivere e portare i suoi servigi in una chiesa con padre Phil e sua figlia May. Eve indaga col collega Yusuf fino a quando non viene raggiunta da Carolyn che le chiede di collaborare sulla scomparsa di alcuni membri dei Dodici. Per dimostrare a Eve di essere davvero cambiata, Villanelle la trova ma viene rifiutata. Eve si imbatte in Hélène che al contrario di quanto pensava è intenzionata a uccidere i restanti membri dei Dodici. Si scava così nel passato fino alle origini dell’organizzazione, da cui riemergono verità insospettabili che condurranno a risoluzioni drammatiche in cui tutti verranno coinvolti nel bene e nel male. Si conclude con questa quarta stagione uno dei prodotti migliori del panorama seriale, da noi poco conosciuto ma che fino al terzo capitolo ha collezionato dodici candidature agli Emmy e quattro ai Golden Globes vincendone uno per parte in favore delle due protagoniste. La Sandra Oh delle dieci stagioni in Grey's Anatomy che interpreta Eve Polastri, quella del titolo, e la giovane e brillante Jodie Comer, nativa di Liverpool ma in grado di recitare in ogni cadenza del Regno Unito fino a quella russa dell’assassina psicopatica Oksana Astankova alias Villanelle di cui veste gli sgargianti panni nella serie. Tratta dalla raccolta di quattro romanzi thriller dell'autore britannico Luke Jennings (il primo, Codename Villanelle, è stato pubblicato come e-book nel 2014), Killing Eve è stata scritta per la prima stagione e metà della seconda da Jennings con Phoebe Waller Bridge (anche ideatrice di questa trasposizione assieme a Sally Woodward Gentle) la celebrata e premiata autrice e interprete di Fleabag (e per chi volesse recuperare un altro suo piccolo gioiello è consigliata Crashing su Netflix) che è stata poi chiamata da Daniel Craig per ottimizzare la sceneggiatura di No Time to Die, venticinquesimo capitolo della saga di James Bond. E come già detto, gli effetti su questa serie si sono avvertiti da subito. Salvo poi iniziare a calibrarsi quasi col pilota automatico. E la cosa ha funzionato abbastanza bene all’inizio. La prima immagine di Villanelle è come al solito straniante: in chiesa che canta Movin' on up dei Primal Scream in versione per organo e voce, indossando un abito talare rosso fuoco. Il diavolo e l’acqua santa sintetizzati. II modo in cui disprezza tutto e tutti e se ne prende gioco è ancora una volta eccessivo, colorito e grottesco ma anche paradossalmente delizioso. Le sue vittime preferite sono le persone buone. Non perché più facili da abbindolare ma perché uccidendole si mette al sicuro dalla tentazione di provare gli stessi sentimenti positivi che queste recano e ispirano, sentimenti che la esporrebbero a una certa debolezza. Il suo tentativo di redimersi attraverso la scoperta della chiesa cattolica non è altro che il pretesto per farsi notare da Eve. E quando la sua coscienza si palesa in forma di sé stessa con le fattezze di Gesù gli scambi verbali si tingono di un’ambiguità e un sarcasmo che sfiorano la blasfemia più sottile e violenta. È lei la protagonista della storia, gli altri personaggi servono come pretesto per farla muovere come all’interno di un oscuro luna park in cui compiere delitti ogni volta diversi ed estrosi, così come gli abiti che indossa e le espressioni uniche che le dipingono il viso. Ma tra tutti, Eve è l’unica che riesce a tenerle testa. È proprio questa la forza dell’antagonista, quella di creare continuamente cortocircuiti sul percorso sanguinoso ma lineare della killer che si esalta di fronte alla possibilità di terminare la vita di qualcuno. E come la Comer è monumentale nel rappresentare la follia del proprio personaggio, così Sandra Oh è magnifica nel risultare l’unica che non ha paura di quella furia irrefrenabile. Anche stavolta le cose vanno in questa direzione, eccetto per il fatto che Eve sembra non voler avere più niente a che fare con Villanelle. Che per questo aumenta ulteriormente, se possibile, la sua rabbia nei confronti del genere umano tutto. Lo spazio per i sentimenti, la compassione, perfino l’amor proprio è relegato a pochi istanti fugaci e sembra non esplodere mai. Almeno fin qui. Il genere umano. Non riesce a sopportare troppa realtà. I flashback che spiegano i rapporti tra alcuni personaggi chiave in un passato in bianco e nero fatto di gioventù, vitalità e ambizione di poter cambiare il mondo sono la cosa migliore. Gli intrighi che hanno successivamente generato sia i Dodici che le forze che vi si sono opposte conducono perfettamente verso una risoluzione eccellente. E invece accade il peggio. Il problema di questo ultimo capitolo sta proprio nel finale, incredibilmente frettoloso e buttato via. Laddove tutto avrebbe dovuto trovare un senso concreto e una chiusura coi fiocchi, si avverte un terribile senso di vuoto e di incompiuto. Oltre a ciò che accade, che è decisamente discutibile, il modo in cui il tutto viene raccontato è a dir poco insoddisfacente. Tutto quello che è stato certosinamente seminato dalla prima stagione, trova qui una conclusione indegna, quasi banale, che non premia il valore dei personaggi e di quello che hanno fatto, buono o cattivo che sia. Quasi come se chi abbia scritto questa quarta stagione abbia terminato forzatamente volendo far intendere che non era ancora il momento. Una delusione cocente per quanti hanno amato Killing Eve dal suo esordio nel 2018. Perché guardare la quarta e ultima stagione di Killing Eve? VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione Killing Eve | stagione 4 ideatrici Sally Woodward Gentle, Phoebe Waller-Bridge personaggi interpreti Eve Polastri Sandra Oh critica IMDb 6,6 /10 | Rotten Tomatoes critica 6,3 /10 utenti 2,2 /5 | Metacritic critica 55 /100 utenti nd aspect ratio 16 : 9 |
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