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Salvo e Valentino sono colleghi di lavoro, in qualità di riparatori di impianti televisivi, e amici nel privato. Il primo è sposato con Ester, sorella di Valentino, ed ha una passione esagerata per le serie tv. Il secondo vive ancora con la madre gelosa che lo vizia in ogni modo ed è sempre innamorato di Agata, compagna di classe ai tempi della scuola. Chiamati per un lavoro da un cliente, Alberto Gambino, una volta a casa sua lo trovano morto. Per paura di diventare i principali sospettati, su consiglio di Salvo amante dei polizieschi, ripuliscono la scena del delitto dalle loro tracce e fuggono via, non prima di aver scoperto che Ester conosceva la vittima. Tutto si complica quando gli uomini di una cosca mafiosa li catturano e li portano al cospetto del capoclan Padre Santissimo, convinto della loro colpevolezza. Ma le cose cambiano aspetto quando si viene a sapere che Gambino era un traditore. Liberati, i due partecipano a una rimpatriata scolastica in cui Valentino ritrova Agata, appena rientrata in paese dopo aver passato anni fuori ed essere diventata commissario di polizia. Tra la mafia che li usa per scoprire la verità su Gambino e le forze dell’ordine che indagano sul suo omicidio, Salvo e Valentino si troveranno loro malgrado al centro di uno scontro inevitabile nel quale rischiano di passare per delinquenti se non addirittura finire per restare uccisi. La prima serie tv scritta, diretta e interpretata dal duo comico Ficarra e Picone riserva diverse sorprese a chi immaginava non fosse all’altezza della situazione, cioè quella di approdare su una piattaforma come Netflix che, particolarmente nell’ultimo anno, ha ospitato diversi prodotti italiani. Ma solo alcuni, a dir la verità ben pochi, sono riusciti a distinguersi in quanto a qualità e sostanza. L’esordio alla regia dei due attori non ha niente che faccia gridare al capolavoro, ma muove la storia in maniera lineare e concreta. Non senza sbavature, ma di sicuro con una certa dignità. Si tratta di una mescolanza tra il genere che più conoscono e hanno frequentato, la commedia, e quello più abusato tra le fiction italiane, ovvero il poliziesco. Si affronta anche il thriller, o meglio il giallo, ma il centro del discorso è ancorato sulla mafia. Solo che il modo di affrontare il tema della criminalità organizzata, per cui il Bel Paese è tragicamente noto nel mondo, non è quello classicamente serio. Gli autori gli preferiscono un tono ironico, quasi a volerlo far apparire ormai consunto dai vari stereotipi cui è stato sottoposto, assieme al tentativo (riuscito) di mostrare la pochezza di personaggi che pretendono rispetto e sottomissione quando di onorevole non possiedono nulla. L’autorevolezza che tendono a voler dimostrare i capi e i loro galoppini viene qui messa alla berlina, raccontandoli come uomini normali privi di quell’aura di potere di cui in genere sono ammantati. La prima scena viene presentata proprio con questo scopo, potenzialmente definitiva ma in corso di svolgimento con ben altro approdo. Un criminale porta i due spaventati protagonisti sul bordo di un promontorio deserto e assolato minacciandoli con una pistola col chiaro intento di giustiziarli secondo le regole di Cosa Nostra. Vane sembrano essere le loro preghiere di fronte a quella estrema minaccia di morte. Stacco. Nero. Si torna così indietro, al punto in cui le loro vite scorrevano piatte (“Siamo vitapiattisti”) ma lontane da pericoli per la vita. Da qui si dipana la descrizione di personaggi, accadimenti e collocazione ambientale, quella di una Sicilia moderna, lontana dalle rappresentazioni stantie di floridi agrumi e soffocanti passioni. Non che la cosa non sia già stata vista nel medesimo modo in altri prodotti televisivi, ma qui siamo una tacca sopra in quanto ad attenzione verso lo spettatore. Salvo è sposato con Ester (sorella di Valentino) ma il loro matrimonio è viziato dalla normalità che porta all’inevitabile noia e trascuratezza. Lei è una salutista convinta, pratica yoga e mette in tavola cibi sani e un po’ insipidi, lui è un fanatico delle serie poliziesche in cui accade di tutto, spesso fino ad arrivare al ridicolo. Ma per Salvo non è importante il come, ciò che conta sono gli intrighi e i rovesciamenti improvvisi che creano effetto ed emozione. Valentino vive comodamente con una madre che cucina, all’opposto della figlia, piatti ipercalorici e cerca in tutti i modi di tenere il figlio lontano da qualsiasi altro rapporto che li allontanerebbe. Ma quando scatta il cortocircuito del ritrovamento di un cadavere, le loro esistenze canoniche passano su un altro livello. Salvo può mettere in pratica tutte le sue “conoscenze” in materia di crime, alcune corrette, altre volutamente caricaturali, quasi senza rendersi conto che quello che gli sta succedendo risponde a regole diverse. Quando infatti entrano a far parte della rete cui è collegato il delitto, la situazione deraglia inevitabilmente. Ed è qui che la sceneggiatura crea il contrasto tra la loro candida ingenuità e la spietatezza del sistema criminale cui loro malgrado vanno incontro. La mediocrità dei due protagonisti si trasforma in intraprendenza, voltata alla sopravvivenza loro e delle persone a cui tengono, mentre la spavalderia dei malviventi assume lentamente ma inesorabilmente i tratti di una presunzione fatta di viltà e debolezze ben celate dietro al metallo delle armi che impugnano. Un ribaltamento che viene condotto con qualche eccesso ma anche con una certa leggerezza che rende Salvo e Valentino, oltre che simpatici, dei piccoli eroi per cui fare il tifo. Il tutto senza ricorrere a facili volgarità o scorciatoie narrative prive di senso. Con la stessa cura vengono introdotti gli altri personaggi. Prima fra tutti Agata, commissario di polizia che torna nella sua terra dopo svariati anni e amore mai confessato di Valentino. Una donna completa, emancipata sebbene legata alle proprie origini, forte e determinata quanto elegante, piacevole e simpatica. Oltre a Sergio Friscia che interpreta efficacemente un giornalista televisivo scialbo alla ricerca della sensazione, ci sono due figure di pari peso, il cui essere ai due capi opposti della storia genera un buon equilibrio. Da una parte c’è Tony Sperandeo nella parte di Tonino, detto Cosa Inutile, che svolge mansioni di manovalanza per il boss, che se inizialmente appare quasi come suo braccio destro viene gradualmente ridimensionato come già detto sopra. Ma la sua presenza assicura una buona dose di qualità perché è in grado di utilizzare con la padronanza che gli è ormai più che riconosciuta i due registri di drammatico e involontariamente comico con estro e determinazione. Così come dall’altra parte si avverte la consumata professionalità di Leo Gullotta nei panni del procuratore Nicolosi che cerca di capire da che parte sia la verità, affidandosi alternatamente alla ragione e all’istinto suoi e di Agata e gli altri poliziotti. Perché guardare la prima stagione di Incastrati? VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione Incastrati | stagione 1 ideatori Salvatore Ficarra, Valentino Picone personaggi interpreti Salvo Salvatore Ficarra critica IMDb 7,1 /10 | Rotten Tomatoes nd | Metacritic nd aspect ratio 2 : 1 |
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