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Nel 2171 i cacciatori di taglie Spike Spiegel e Jet Black cercano in tutti i modi di sbarcare il lunario cercando di incastrare i ricercati dalla legge. Dopo alcuni episodi andati male, fanno la conoscenza di Faye Valentine, bounty hunter come loro che, inizialmente riluttante, decide di unirsi al gruppo sulla nave Bebop. Ma il passato turbolento di Spike viene di colpo a galla quando incrocia sul proprio cammino Vicious, spietato capo del Red Dragon Crime Syndicate. Quello che si nasconde nelle trame della loro violenta vita precedente comprende anche Julia, affascinante moglie di Vicious, che per anni ha pensato che Spike fosse morto. Basata sull’omonimo anime del 1998 (in Italia è arrivato un anno dopo, trasmesso da MTV) di Hajime Yatate sviluppato in 26 episodi (da cui è stato tratto anche un manga e due videogiochi) e sul seguente film d’animazione Cowboy Bebop: Il Film del 2001, questo live action parte in modo bruciante con una prima scena d’azione ad altissimo tasso di adrenalina, oltre che brillante e divertente. Dopo la quale vengono presentati efficacemente i personaggi principali e la loro collocazione spazio-temporale. Spike è un uomo ironico ma dal passato oscuro, Jet un ex poliziotto condannato ingiustamente. Entrambi a caccia di taglie si ritrovano a condividere i loro destini con la rivale in affari Faye, svampita ragazza dalle doti di combattimento pari a quelle dei due colleghi. Intanto vengono introdotti diversi ricercati che si alternano sulla scena in maniera poco riuscita. I diversi antagonisti minori vengono come gettati nella mischia senza mai assumere il giusto spessore, lasciando loro poco spazio, necessario a renderli sufficientemente affascinanti e pregnanti. Fino a quando il plot inizia a concentrarsi sulle vicende che riguardano il vissuto di Fearless, nome con cui era conosciuto Spike un tempo. Da qui, l’ingresso di due personaggi chiave, l’irascibile Vicious e la sua bellissima moglie Julia, sembra poter garantire un’accelerazione dell’intreccio e una dinamica maggiore. L’effetto è quello dell’aggiunta di diverse suggestioni, che dalla semplice avventura trasformano la serie in noir, quello fatto di musiche jazz suadenti (che fanno da ottima colonna sonora), intrighi passionali e violenza senza esclusione di sangue e morti. In mezzo, tante citazioni che rendono probabilmente omaggio alle varie fonti di ispirazione. C’è il rum Monkey Punchy, il ricercato che di cognome fa Asimov, lo psicopatico Pierrot Le Fou, e c’è spazio anche per uno stralcio del monologo finale di Roy Batty in Blade Runner. Tutto interessante ma non abbastanza ben imbastito da rendere il prodotto coinvolgente, come avrebbe meritato di essere. L’episodio migliore è quello total flashback che dopo diversi momenti nei vari episodi in cui si va nel passato, riassume dall’inizio in maniera esaustiva quello che c’era stato tra Spike e Vicious. L’atmosfera è molto forte, le inquadrature decise, la storia si fa d’un tratto molto più densa. Se il resto della serie avesse avuto lo stesso pathos sarebbe stata decisamente più riuscita. Anche il momento in cui Spike finisce a vagare nel proprio inconscio, preda di una macchina, è interessante e ben fatto. E anche la scelta di utilizzare la stessa grafica dell’originale, così come la sigla, risulta intelligente e ben realizzata. Peccato che non basti a salvare le sorti del resto di quello che è di fatto uno space western le cui possibilità non sono sfruttate a dovere. La serie si discosta molto dall’anime e questo poteva essere un bene. Il tradimento dell’originale è ben accetto se ne rispetta le intenzioni aumentandone le potenzialità. Una serie live action di questa portata avrebbe dovuto aggiungere senso alle versioni da cui proviene e qui la scommessa era a dir poco succulenta, specialmente per il seguito di appassionati derivante dal cartone. Non che non ci sia niente da salvare, per fortuna. Tra i vari attori, tutti abbastanza capaci, spicca certamente Alex Hassell, che interpreta Vicious con le giuste dosi di irresponsabilità e spietatezza. La sua faccia tirata e i suoi occhi sbarrati sono tra le cose migliori della serie. Altra menzione va fatta per Tamara Tunie che interpreta Ana, la proprietaria del jazz club che rappresenta la figura materna per Spike. Che recita con grazia e determinazione, in un equilibrio di forze non da tutti. Le scenografie sono curate nello stile, anche se non sono del tutto rispondenti alle esigenze di una trasposizione tanto ricca di dettagli. Allo stesso modo i costumi. Le scene d’azione sono realizzate bene e gli effetti visivi che le accompagnano funzionano anch’essi. Il problema principale sta nella sceneggiatura che abbassa i toni e non eleva i reparti tecnici a un livello superiore che doni i giusti personalità e fascino. Il finale poi è eccessivamente drammatico, salvo, in una nuova scena (quasi da post credit), tentare di risollevarne le sorti, ottenendo soltanto un contrasto a dir poco sgradevole, con l’introduzione di un personaggio ben presente nell’originale, che porta a una sicura seconda stagione, già pianificata dagli autori prima di scrivere questo primo capitolo. Nell’attesa di novità, si spera che questi ultimi correggano il tiro e rendano alla serie ciò che prometteva il trailer. E che i fan e gli altri spettatori si aspettano e meritano di ricevere. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione Cowboy Bebop (live action) | stagione 1 sviluppata da Christopher Yost personaggi interpreti Spike Spiegel / Fearless John Cho critica IMDB 6,7 /10 | Rotten Tomatoes critica 5,8 /10 utenti 2,9 /5 | Metacritic critica 47 /100 utenti 4,9 /10 aspect ratio 2 : 1 |
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