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Bangalore 2010. Un imprenditore indiano scrive una lettera al primo ministro cinese in cui riassume la storia della sua vita. Delhi, 2007. Balram lascia lo slum in cui vive per cercare fortuna nella grande città. Trova lavoro presso la ricca famiglia dell’ex proprietario del villaggio da cui proviene, facendo da autista per suo figlio Ashok e da tuttofare in casa. Quando tutto sembra scorrere naturalmente, la moglie di Ashok, Pinky, ubriaca alla guida investe un passante e le cose iniziano a precipitare verso un abisso fatto di sopraffazione da un lato e profondo risentimento dall’altro. Il desiderio di riscatto di Balram diventa il suo unico obiettivo, per il quale sarà disposto a fare qualsiasi cosa. Tratto dall’omonimo romanzo bestseller dello scrittore e giornalista australiano-indiano Aravind Adiga vincitore del prestigioso Booker Prize nel 2008, La tigre bianca affonda i denti nella cultura del paese asiatico senza alcuna pietà. L’economia indiana è quella con la più forte espansione dell’intero continente (un PIL di 3,9 trilioni di euro al 2019) ma con un salario medio di 2225 euro l’anno, cioè 185 al mese procapite. Non è un caso se Bollywood è una delle industrie cinematografiche più produttive al mondo, sebbene le storie che crea non abbiano la stessa esportazione di quella da cui prende il nome. Ed è proprio di questo che La tigre bianca tratta indirettamente. Il desiderio di essere un servitore mi era stato inculcato, mi infestava il sangue. L’imprenditore indiano dev’essere onesto e corrotto, cinico e credente, subdolo e sincero, tutto allo stesso tempo. Hai cercato la chiave per anni, ma la porta è sempre stata aperta. L’unico neo del film è nel finale un po’ frettoloso. La nuova vita di Balram ha molti lati che vorremmo conoscere più a fondo, fino a vederlo, perché no, in tarda età a tirare le somme di ciò che è stato. Il regista Ramin Bahrani ha dichiarato che il lavoro sul romanzo originale è stato notevole. La riduzione di un’opera tanto potente lo ha impegnato duramente: “La parte più difficile è stata tagliare, dal momento che amo così tanto il libro. Ma quando ho inserito tutto nella sceneggiatura, è arrivata a 200 pagine! Aravind (Adiga, lo scrittore del romanzo, ndr) mi ha donato una miniera d'oro, rinunciare ad alcune scene non è stato affatto facile.” Quando la superstar Priyanka Chopra Jonas, che nel film interpreta Pinky, ha scoperto su Twitter che era in corso un adattamento cinematografico del romanzo si è subito proposta per finanziare il film, divenendo uno dei produttori esecutivi. “Il libro ha avuto un profondo effetto su di me. Mi ha messo a disagio e mi ha fatto pensare a una parte del mondo a cui ci desensibilizziamo. Quando l’ho letto, sono rimasta affascinata dalla prospettiva che aveva la narrazione. La rappresentazione della storia dell’ambizione grezza e la misura cui si arriverà per raggiungere i propri obiettivi è avvincente.” Il regista ha ceduto i diritti a Netflix dall’inizio della produzione sostenendo che “ha un appetito per le storie globali, per le voci che non sono tipicamente rappresentate dietro o davanti a una macchina da presa”. Una storia che merita la visione per la determinazione con cui è stata portata sullo schermo e per quella che il protagonista dimostra dall’inizio alla fine. Un uomo che non avendo niente da perdere racconta le sue belle speranze e mostra il suo essere umano nelle opposte accezioni che la parola contiene. Nota tecnica a cura di Emidio Frattaroli VALUTAZIONI Regia 6,5 Sceneggiatura 7,5 Recitazione 7,5 La Tigre Bianca (The white tiger) regia Ramin Bahrani sceneggiatura Ramin Bahrani basata sull’omonimo romanzo di Aravind Adiga fotografia Paolo Carnera musiche Danny Bensi, Saunder Jurriaans personaggi interpreti critica IMDB 7,2 /10 | Rotten Tomatoes 7,3 /10 | Metacritic 76 /100 camera Arri Alexa LF, Zeiss Supreme Prime Lenses | Arri Alexa Mini LF, Zeiss Supreme Prime Lenses
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