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2036. In Europa dell’est è in atto una guerra civile. Il tenente Thomas Harp, pilota americano di droni, lancia un missile contravvenendo agli ordini superiori, uccidendo due soldati statunitensi ma salvandone decine. Giudicato capace ma non adatto, sfugge alla legge marziale ma viene mandato in zona di guerra sotto il comando del capitano Leo che si rivela essere un androide del tutto somigliante a un umano. La missione consiste nel sottrarre dei codici di lancio di missili nucleari al terrorista Victor Koval. Ma tutto si complica quando i due militari si confrontano e viene a galla una verità imprevista. Outside the Wire parte con delle buone premesse: un soldato che davanti a un monitor, come in un videogioco, può far partire missili dal cielo, come faceva Zeus con le saette. Il regista Mikael Håfström (Escape Plan - Fuga dall'inferno) si cimenta coi dubbi etici, morali e umani che intercorrono tra il maneggiare un joystick e combattere sul campo, che in qualche modo ricorda la storia del cecchino di American Sniper. Ma quello era un film basato su una storia vera con Clint Eastwood dietro la macchina da presa e Bradley Cooper davanti. Qui invece tutto quello che si poteva sbagliare lo si sbaglia con una naturalezza che lascia sbigottiti. Fanculo, brutto porco americano! D’altronde si tratta di fantascienza, quindi perché non immaginare qualcosa di inimmaginabile ma fondato su una valida ipotesi? E invece no. Si torna ostinatamente nei territori dell’ex Unione Sovietica come ai bei tempi di Rocky. Ma stavolta con dei robot che dimostrano quanto l’America sia avanti in tutto, anche nella militarizzazione. Cosa probabilmente verosimile ma che serve unicamente a fomentare uno spirito patriottico di quart’ordine. Forse gli autori speravano in un secondo mandato di Trump, chissà. Le scelte discutibili fatte in sceneggiatura si rincorrono come un mostro che si ciba di quello che trova per caso un po’ ovunque. Una recluta del tutto impreparata ad agire sul campo di battaglia viene inviata a compiere una missione delicatissima e complicata. Perché? Un robot che impartisce ordini agli umani è più da film distopico, in cui le macchine hanno preso il predominio globale, che da film di guerra. Chissà che cosa ne avrebbe pensato Asimov, forse si starà girando nella tomba. Un uomo brutto, sporco e cattivo maneggia un fucile dotato di mirino di precisione e a pochi metri di distanza dal bersaglio centra due innocenti in pochi secondi per venire poi colpito alla perfezione da uno che, non essendo umano, difficilmente mira male. Mah. Qualche spunto per raccontare una storia decente c’era. Ma si preferisce sviluppare un intrigo (pseudo)machiavellico piuttosto che approfondire il più interessante rapporto uomo-macchina. Lo si fa solo in parte, come pretesto piuttosto che come tema centrale. L’enorme, spropositata e pomposa enfasi che arriva nel finale è il definitivo colpo di grazia ad un prodotto confusionario che non appassiona. Tecnicamente il film è realizzato bene, soprattutto per gli effetti visivi. Niente di nuovo, beninteso, tutto già visto se si pensa a film come Humandroid (Chappie) del 2015. Ma almeno in questo reparto come in quello della fotografia e delle scenografie le cose funzionano come devono. Quindi se in una notte buia e tempestosa, in cui non avete altro da fare, cercate un film di puro intrattenimento con buoni effetti speciali ma senza alcuna ambizione di essere ricordato a lungo, Outside the Wire è quello che fa per voi. Oppure potete riguardare i primi due capitoli di Terminator. VALUTAZIONI Regia 5,5 Sceneggiatura 3 Recitazione 6 Outside the Wire regia Mikael Håfström sceneggiatura Rowan Athale, Rob Yescombe fotografia Michael Bonvillain effetti visivi Gabor Kiszelly, Sebastian Barker personaggi interpreti critica IMDB 5,3 /10 | Rotten Tomatoes 4,8 /10 | Metacritic 47 /100 camera Panavision Millennium DXL2, Panavision T-Series Lenses
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