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Pagina 1 - Audio Silente, Gik Acoustics, Grandi Note e Luna Cables
Gli impianti gigantici Prima di passare a presentare le due sale di questo articolo, preciso che ci troviamo al cospetto di impianti oggettivamente fuori dal comune. Li ho forse impropriamente rubricati come "gigantici" nell'accezione positiva del termine (e spero che non me ne vorranno i proprietari delle sale) solo per favorirne una rapida visualizzazione mentale. Si tratta di set che emettono un suono diverso da quello di tutti gli altri eppure pienamente rientranti nei sofisticati parametri che tracciano lo strettissimo corridoio dell'alta fedeltà. Audio Silente, Gik Acoustics, Grandi Note e Luna Cables Non è la prima volta che ascolto questi bei prodotti tutti italiani, in Italia ma anche a Monaco di Baviera. In questo caso il set era composto dallo streamer/DAC Grandinote Volta, dal giradischi Audiosilente, dall’amplificatore integrato Grandinote Shinai, dagli altoparlanti Grandinote Mach 9, dai cavi Luna Cables e dal trattamento acustico Gik Acoustics. La filosofia del progettista Massimiliano Magri consiste nel riprodurre un suono naturale dal "sentore valvolare" facendo però fisicamente a meno delle valvole e applicando i princìpi della sua tecnologia "magnetosolid" (crasi di "ferromagnetico" e "stato solido"). L'ambizioso obiettivo consiste, infatti, nel produrre un suono in cui la ricchezza armonica delle valvole magnifichi le caratteristiche di controllo tipiche dello stato solido. Alle prime note di "Breathe (in the air)" tratto dall'immarcescibile The dark side of the moon dei Pink Floyd ho notato che numerosissimi visitatori che affollavano il corridoio in cui affaccia la sala si fiondavano dentro come le api nel favo. È forse questo il caso in cui size does matter? Non saprei, ma è certo che il respiro dei grandi altoparlanti in configurazione array era - per l'appunto - grande e il volume prodotto in sala davvero elevato: 18 woofer non filtrati e 32 tweeter facevano il loro sporco lavoro determinando anche l’atteso ampliamento verticale della scena. La prima considerazione che sorge spontanea è che pur apprezzando da anni i set ad alta efficienza, rimane sempre incredibile che i 37 Watt dell'integrato Shinai producano tutta quella pressione sonora e pilotino con autorevolezza quel po' po' di speaker, anche considerando il dato tecnico della loro altissima sensibilità (99dB). I campanelli, i trilli, le ore battute dalle pendole di Time era riprodotto a volume così elevato da risultare quasi esagerato pure per un amante dei volumi, ehm, "adeguati" quale sono io. La calca in sala era molta e per questo la possibilità di sedersi praticamente nulla. Dopo poco ho quindi rinunciato all’ascolto e sono dovuto uscire, ma mi sono ripromesso di tornare presto a sentire le belle note di Grandi Note. Un sincero apprezzamento va infine allo spirito goliardico del progettista, che sembrava non volersi prendere troppo sul serio (tradendo la seriosità della manifestazione e di certi suoi visitatori) e accoglieva gli audiofili nella sua sala brandendo una paperella di plastica che agitava nell'aria e schiacciava su se stessa, producendo qualche provvido, sonoro "squonk" liberatorio: chapeau! Pagina 2 - The sound of the valve, Stefano Zaini
La sala gigantica per eccellenza è quella di Stefano Zaini. Figura di grande caratura dell’ambiente audiofilo e organizzatore di numerosi eventi dell’Hi-Fidelity (manifestazione giunta a Roma alla sua 45a edizione), come sempre anche a Roma ha esposto i suoi prodotti di The sound of the valve. La fonte del set era un lettore olandese CD a tubi AH! Njoe Tjoeb 400 (1.600€), che inviava il segnale al preamplificatore di linea a due telai Sound of the valve Notorius Reference (11.000€), seguiva un crossover elettronico stereo attivo americano Samson Technologies S-3-way (150€) che inoltrava i tre diversi segnali alla multiamplificazione ibrida composta da 2 amplificatori stereo allo stato solido Sound of the valve Why Not 250/125FA (3.400/2.900€) per le unità dei bassi e degli alti, e da 2 finali valvolari mono Sound of the valve Magnificent 808 Reference (19.000€ la coppia) applicati sulle vie medie: tutto ciò veniva riprodotto dagli speaker a dipolo ad alta efficienza Quasar (19.000€). Il lettore di CD AH! Njoe Tjoeb 400 è una mod a tubi (JAN 6922) del CD rewritable Marantz CD-4000 ed ospita a bordo dei convertitori Burr Brown OPA604. Del pre in due telai in classe A Notorius Reference mi limito a ricordare che è l’unico al mondo ad utilizzare triodi a riscaldamento diretto e ha onboard una raddrizzatrice 5U4 G, valvole PT9 Philips e valvole 2A3 monoplacca per 1,5 Watt per canale. Il Samson Technologies S-3-way è un crossover attivo stereo (usato qui in configurazione a tre vie), con controllo di gain di +/- 6dB su ogni singola via, controllo di fase e filtraggio di precisione Linkwitz-Riley con pendenza di 24 dB/ottava. I Magnificent 808 Reference sono dei finali di potenza mono in classe A single-ended con raddrizzatrici GZ34 e 6X4, valvole pilota ECC82, valvola pilota 6L6 (collegata a triodo) e valvola finale 808 RCA (è il primo amplificatore costruito al mondo che la preveda) per 30 chilogrammi di peso e 20 Watt per canale. La poderosità degli speaker Quasar e il suono che producono mi fanno sempre un po' impressione. Si tratta di due grandi speaker open baffle, frontalmente enormi ma al contempo sottilissimi in profondità, con driver collegati in serie e in parallelo, che contengono 4 woofer identici da 38 cm, un medio e un tweeter a nastro. L'efficienza degli speakers è elevatissima, visto che con i 5-6 Watt di potenza prodotti dai valvolari sui medi generano 100dB: il fatto che colpisce (in relazione alla pressione sonora prodotta) è che questo set ibrido sia pilotato nella fondamentale gamma dei medi da finali a valvole costruiti in modo da poter validamente fronteggiare i due finali da 150 e 250 Watt allo stato solido. In passato Zaini precisò che per il midrange usava un componente pregiato, un Lowther PM2a in AlNiCo3 (dotato anche lui di un magnete gigantico, 1.050€), che veniva fatto lavorare su una larga banda di frequenza, dai 200 ai 10.000 Hertz, sopra i quali intervenivano invece i tweeter a nastro, fino ai 25.000 Hz. Dal che se ne trae la conseguenza che i woofer operano su una gamma particolarmente bassa, che non oltrepassa i 199 Hertz; acusticamente il loro suono mi fa fare un tuffo nel passato ed evoca i bei tempi del basso rotondo prodotto dai grandi woofer della JBL, ma qui la sonorità appare ancora più vigorosa e al contempo meno sfrontata, ma più veloce e controllata. A ben pensare è un diffusore che esteticamente sembra da PA, costruito proprio come quelli che nascono per essere ascoltati magari a 60 metri di distanza, ma componentisticamente domato per sprigionare tutta la sua pressione sonora in una stanza profonda 6 metri, senza produrre alcuna sbavatura: esercizio tecnico piuttosto complesso da realizzare! Quando sono arrivato, il pubblico presente in sala chiedeva a gran voce "Money for nothing", tratto dallo strepitoso CD dei Dire Straits "Brothers in arms". Stefano Zaini di rimando domandava se lo si volesse ascoltare a “volume audiofilo”, ma la proposta veniva fragorosamente respinta al mittente all'unanimità, con la precisa volontà di voler scendere qualche gradino verso gli inferi sonori. Mentre veniva preparato l'ascolto, ho apprezzato molto il fatto che il “software” era composto esclusivamente da CD originali, non in copia né in versione liquida, per scongiurare anche solo l’idea che potesse essere proposto materiale equalizzato. La pressione sonora era elevatissima, eravamo ormai giunti al cospetto di Ade quando Zaini dava ancora più birra al set, nel momento in cui davvero nessuno immaginava che fosse possibile farlo. Malgrado questo, non c’era alcun componente che mostrasse il seppur minimo segno di affaticamento sonoro. Dopo questa "cauta" overture Zaini riproduceva un brano che avevo ascoltato per la prima volta proprio in una delle sue sale: si tratta di "Jazz variants" tratto da "La Bamba" di O-Zone percussioni group, una band di percussionisti dell'Indiana University of Pennsylvania. Il set mostrava una risposta velocissima ai transienti. La grancassa appariva davvero enorme, così come il timpano accordabile: la gamma ultra bassa aveva letteralmente dell'incredibile, la media faceva il grosso del duro lavoro, ma anche la alta appariva estesissima. La sala rimaneva sempre gremita per la azzeccata programmazione e, naturalmente, per il suono gigantico che si percepiva già a qualche metro di distanza e che fungeva da irresistibile richiamo per gli appassionati che vagolavano nel corridoio. Inutile aggiungere che riascoltato nel mio set domestico il brano, pur mantenendo inalterate le caratteristiche fondamentali, lasciava un’imnpronta sonora non esattamente sovrapponibile, per usare un eufemismo. A questo punto un visitatore chiedeva di poter ascoltare un suo disco, non senza destare qualche perplessità in Zaini, che però alla fine accettava. Si trattava di "Little Wing", tratto da "Couldn't stand the wheater" con la morbida chitarra blues di Steve Ray Vaughan & Double trouble. L'ascolto rimaneva davvero potente, con un basso poderoso e controllato, ad alto SPL (quasi scarmigliante): ad orecchio direi almeno un centinaio di dB. Nel silenzio assoluto si percepiva un lieve fruscio di fondo. Mentre Zaini stava per metter su della musica classica, la sala si ribellava costringendolo a tornare a più miti consigli e a ripiegare sull'adrenalinico Moby Dick dei Led Zeppelin, tratto da Led Zeppelin II, con la batteria del compianto, istrionico Jonh Bonham che andava a mille come sempre: si tratta di un pezzo che in questi lidi è un must, a quanto ricordo. Il brano inizia con John che suona i tamburi con le mani, come se fossero dei rototom, ma ben presto tira su la retina del rullante, prende in mano le bacchette e scatena l’inferno. Si tratta di un pezzo davvero paradigmatico, perfetto per esaltare la naturale vocazione del set alla musica live. Faceva seguito la sempre bella chitarra di Nils Lofgren con "Keith don't go", tratto da Live acoustic. Non sono in grado di valutare quanta pressione sonora venisse emessa in sala dalla chitarra di Nils, ma come detto si trattava di un ascolto molto diverso dal solito, particolarmente emozionante. Sono ripassato in sala l'ultimo giorno, a mezz'ora dalla chiusura della mostra, quando ormai la manifestazione stava volgendo al termine, i visitatori scemavano e i corridoi risultavano ben più scorrevoli, ma la sala risultava ancora gremita: nessuno voleva uscire da quelle mura senza aver udito qualche altra gigantografia sonora della propria musica preferita! La prossima volta in cui avrete occasione di partecipare ad una delle belle manifestazioni dell’Hi-Fidelity che si svolgono in tutta Italia, visitate pure con comodo tutte le sale ma se vorrete ascoltare qualcosa di davvero straordinario recatevi senza indugio allo stand di The sound of the Valve, allacciate (per bene) le cinture e montate sul roller coaster di Zaini, in attesa della partenza: emozioni (forti) assicurate! Viva l'Italia e i suoi impianti gigantici, e a rivederci a Milano, il 28 e il 29 marzo prossimi per visitare la 46a edizione di Hi-Fidelity! |
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